Il santo assente by Alan Palma;

Il santo assente by Alan Palma;

autore:Alan Palma; [Palma;, Alan]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788862317030
editore: edigita
pubblicato: 2019-08-22T22:00:00+00:00


CAPITOLO 7

CLUSTER – Cluster (Brain Records, 1971)

Mitch non riusciva a chiudere occhio e non voleva prendere quei dannati ansiolitici che il suo psichiatra gli aveva prescritto. Stava lì, disteso sul divano del suo appartamento, gli occhi fissi sul soffitto, dove la sua mente proiettava immagini che scorrevano senza sosta, come tante diapositive che una dopo l’altra avanzavano a ogni battito di ciglia.

L’inquietante semplicità dei mattoni bianchi della copertina di THE WALL…

…la dolcezza e la tenera malinconia racchiuse negli occhi blu di Janis…

…la sacra geometria della rotondità del culo dell’ancella di Bulsara…

…la grottesca smorfia del volto contratto di Haroldo Rodriguez…

E poi c’era lui, uno psicopatico in fissa col rock che amava celare le proprie tracce in capolavori come Empty Spaces e Supper’s Ready.

Roba da b-movie… o da un episodio di Ai confini della realtà.

Suo malgrado, Mitch si era trovato costretto a vestire i panni del prescelto, dell’interlocutore privilegiato, un ruolo che gli era stato assegnato proprio dallo stesso rapitore. E lui era riuscito a decifrare i suoi messaggi criptati, ma quando giungeva a un punto certo, un nuovo indovinello mischiava di nuovo le carte, senza alcuna pietà.

Lo Starman morto è… Ma stavolta suicidio non è…

Quella cantilena simile a una predica funerea risuonava nella sua testa come un’eco lontana.

Tiralo fuori da dov’è… Perché al posto giusto non è…

Gli pareva di sentire ancora il calore del suo respiro così vicino al suo orecchio e quel sussurro che gli perforava il timpano.

Sbagliato è… Sbagliato è.

Mitch allungò il braccio verso la parete in cerca dell’interruttore della luce e si strofinò gli occhi. Una lampadina impolverata piovuta dal tetto illuminò la stanza, mentre uno scarafaggio fuggì via veloce.

Il suo appartamento era composto da una sola stanza e cucinotto. L’arredamento era piuttosto patetico: il locale era dominato da un divano letto rivestito con un telo di ciniglia beige costellato da macchie di birra, collocato di fronte a un televisore da trentadue pollici. Un impianto stereo era vicino a un’alta e stretta libreria di legno laccato che si ergeva solitaria in un angolo. L’armadio a due ante, un piccolo frigo, uno sgabello pieghevole che fungeva da comodino completavano lo scarno arredamento che sembrava un assemblaggio di mobili delle più diverse provenienze.

Madido di sudore si levò in piedi e raggiunse barcollando il bagno, dove si sciacquò più volte il viso con l’acqua fredda. Bevve un lungo sorso d’acqua dal rubinetto, poi tornò in stanza e cercò l’accendino sul tavolo, gli ci voleva una sigaretta. Ne accese una lasciando che il fumo, denso e caldo, gli entrasse profondamente nei polmoni.

Si rimise sul divano fumando pigramente con lo sguardo fisso sulle bottiglie vuote in fila sulla mensola come canne d’organo.

Gli mancava la sensazione dell’alcool che provava quando gli scendeva nella gola, quell’evanescente euforia e quell’infondata sensazione di benessere. Erano passati tre anni da quando aveva smesso di bere. Tre anni della sua vita passati con Margareth. Tre anni in cui era stato felice.

Era stata colpa sua, probabilmente. Era colpa sua se lei l’aveva lasciato.

Tre anni di pura felicità, e poi lei l’aveva lasciato.



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